A Napoli, nei meandri più profondi del Rione Sanità (quartiere dove chi scrive è nato cresciuto e pasciuto n.d.r), ai piedi dei tufacei Colli Aminei, si nasconde uno dei luoghi simbolo della napoletanità.
Il cimitero/ossario delle Fontanelle, una antica cava di tufo trasformata in fossa comune
Prima i greci nel V sec a.C e poi i romani nel II sec d.C capirono che il tufo giallo napoletano era una perfetta pietra da costruzione: leggera, resistente e facile da estrarre. La tecnica è sempre la stessa: tagliare le superfici di scavo a forma di trapezio per mantenere la statica della cava ed evitare crolli. Abbandonate per secoli, le vecchie cave furono poi riutilizzate dal ‘600 come cimitero e fossa comune. In questo luogo di mistero e dall’affascinante storia sono conservate migliaia di ossa (e di teschi) delle cosiddette “anime pezzentelle”, spoglie mortali di persone d’estrazione popolare che, soprattutto durante le ondate di epidemie che colpirono il regno di Napoli tra ‘600 e ‘800, non potevano permettersi sepolture nei cimiteri pubblici o nelle terresante delle chiese.
La peste del 1656
Fu in particolare con la peste del 1656 e in seguito con il colera del 1836 che la fossa fu riempita con centinaia di migliaia di ossa. Spesso non c’era né lo spazio né il tempo per seppellire migliaia di cadaveri.
Tant’è che per ripulire i quartieri le strade e le case e per arginare l’epidemia, non si aveva il tempo neppure di compilare gli atti di morte che i defunti venivano gettati nella fossa comune delle vecchie cave di tufo, appunto le fontanelle (chiamate cosi per la presenza in tempi passati di fonti sorgive d’acqua che faceva di quella zona un luogo di salubrità per tutta la cittadinanza). Poveri e senza identità quindi: ma senza identità significa senza familiari che pregassero per le loro anime; e senza preghiera questa era imprigionata in un limbo senza fine, incapace di ascendere al paradiso. Ed è qui che interviene la pietas popolare, quando già a fine ‘700 a seguito di una prima sistemazione dell’ossario, i napoletani (e non solo) iniziarono ad accendere lumini e a pregare per queste sfortunate salme; la preghiera si trasformò presto in richieste di grazia, ma anche dei numeri vincenti della lotteria, di interpretazione dei sogni e di divinazione.
L’adozione
Fu cosi che alcuni di questi teschi che per buona sorte restituirono il “favore” a coloro che avevano avuto la premura di intercedere per le loro anime, vennero separati e sistemati in piccole casse di marmo, teche di vetro o addirittura scatole di cartone. A volte con i nomi e cognomi di chi aveva ricevuta la grazia (P.G.R), oppure in cassette chiuse da catenacci per il timore che qualcuno potesse rubare la capuzzella collaudata. C’erano credenti (o miscredenti) che non esitavano a toccare, abbracciare o pulire il cranio a cui si davano le proprie attenzioni!!!
Innumerevoli sono le storie collegate al cimitero: dai patti di sangue e di affiliazione alla camorra storica, dai teschi delle anime malvagie che venivano trafitti da paletti di legno nelle vuote orbite, fino a Donna Concetta un potente teschio che rispetto agli altri “suda”: mai un filo di polvere si è posato sulla sua calotta…
…e tante altre storie che solo con una guida locale potrete scoprire, per vivere un ‘esperienza umana ed emotiva senza pari.
Vi aspetto