Un mistero svelato…
La basilica di San Zeno a Verona è senza dubbio uno dei capolavori dell’architettura romanica in Italia, riconosciuta come tale da sempre e soprattutto nei secoli IX e XIII quando l’abbazia divenne il monastero più ricco e potente della città. Come guida turistica autorizzata, la basilica di San Zeno è la prima chiesa che io consiglio di visitare a chi trascorre le vacanze nel nostro capoluogo: senza nulla togliere agli altri meravigliosi luoghi di culto presenti nell’area, la chiesa del santo patrono è la mia preferita.
Ve lo dico subito: se vorrete visitare con me la basilica, ci vorrà almeno un’ora intera per potervi spiegare la storia e l’arte che sono contenuti in questo prezioso scrigno!
L’origine del primitivo nucleo di San Zeno è da ricondurre alla costruzione di una prima chiesa con un cenobio, eretta nell’area cimiteriale romana e paleocristiana vicina alla Via Gallica, nata sul luogo di sepoltura del Vescovo Zeno che fu l’ottavo vescovo della comunità cristiana veronese (probabilmente dal 362 fino alla morte avvenuta tra il 372 e il 380). Sappiamo che in questo luogo sorsero vari edifici per proteggere il suo corpo, distrutti o rovinati nel corso del tempo e via via sostituiti. Per capire ciò che vediamo ora, dobbiamo pensare che l’attuale basilica di San Zeno è il risultato di tre epoche differenti: nel IX secolo fu costruita una nuova chiesa, subì un rifacimento tra il 1120 ed il 1138 e venne infine ampliata ed abbellita nei secoli XIII e XIV.
 
La facciata colpisce immediatamente chi la vede per la prima volta grazie alla perfezione delle linee geometriche che la scandiscono, all’intenso e caldo cromatismo delle superfici, all’armoniosa e precisa scansione delle sue varie parti, alla suggestione della sua essenziale e delicata decorazione, caratteristiche che si ispirano all’influsso dell’architettura lombardo-emiliana nel Veneto. Ma la facciata di San Zeno è ben altro: ogni elemento della parte centrale rappresenta qualcosa volto a rappresentare nel complesso il Tempo, quello umano e quello divino. Naturalmente lo fa nel modo della “Biblia Pauperum”, ovvero attraverso potenti immagini che servivano per informare ed educare in un’epoca in cui la maggioranza delle persone era analfabeta, ma sapeva perfettamente riconoscere il significato dei simboli.
Oggi vorrei parlarvi della grande metafora rappresentata dal rosone della basilica di San Zeno, proprio per darvi un esempio della complessità di lettura a cui è necessario arrivare per cogliere ogni significato emblematico presente nella facciata. Tutto va analizzato dal punto di vista architettonico, scultoreo ed iconografico
Naturalmente spero che questo vi invogli a venire a Verona per conoscere ogni recondito segreto di questo enorme “libro” di pietra!
La grande finestra circolare situata sulla facciata della basilica di San Zeno a Verona è opera di Brioloto de Balneo, scultore romanico di cui si sa ben poco: un’iscrizione posta nella parete della navata destra di San Zeno, presso il fonte battesimale, lo indica come autore del rosone nella facciata della chiesa e di un fonte di cui non è indicata la posizione.
La cosiddetta “Ruota della Fortuna”, fu realizzata nella stessa epoca dell’innalzamento della facciata e dell’erezione del corpo avanzato della basilica. Probabilmente fu l’abate Ugo, titolare dell’abbazia dal 1187 al 1199, a commissionare a Brioloto la creazione di un’apertura all’epoca straordinaria in Italia per le ragguardevoli dimensioni. Al termine dei lavori, l’intera la comunità veronese fu profondamente colpita da una decorazione tanto bella esteticamente quanto ricca di contenuto, al punto tale che sentì la necessità di ricordare per sempre l’opera e l’artista con un’iscrizione oggi situata sul fianco meridionale della chiesa.
Probabilmente all’inizio non era previsto l’inserimento di un elemento decorativo così grande e dunque i lavori della parte frontale della chiesa, che stavano procedendo velocemente, subirono un rallentamento. Di fatto il nuovo progetto comportò dapprima lo smontaggio della parte superiore della facciata e, solo dopo questa fase di demolizione, permise di collocare gli elementi scolpiti proseguendo allo stesso tempo con la messa in opera della muratura circostante. Non siamo sicuri di ciò che avvenne quando fu completato il rosone, ma sembra che, dopo una pausa del cantiere, una maestranza diversa da quella di Brioloto abbia modificato la parte sottostante il timpano addirittura segando o eliminando, nei punti in cui era necessario, alcuni blocchi della corona del rosone per potervi inserire nuovi elementi architettonici.
Allora volete che finalmente vi descriva la forma del rosone della basilica di San Zeno? Credo di sì!
Le sue misure sono impressionanti: parlando di diametro, la parte centrale misura 5,6 metri, mentre l’ampiezza totale dell’elemento decorativo arriva agli di 8,15 metri. Esso fu realizzato in diversi colori di tonalità chiara (rosa, grigio, giallo) non solo per renderlo più bello cromaticamente, ma anche per ottenere una più facile visibilità per propiziarne l’interpretazione. L’apertura è divisa all’interno in 12 petali da raggi composti da 24 colonne abbinate due a due, divisione dello spazio naturalmente non casuale poiché evoca qualcosa che ci è molto familiare. Come un calendario o un orologio, questa parte raffigura il tempo in cui noi tutti noi viviamo, i 12 mesi dell’anno e in le 24 ore del giorno, ovvero il ritmo che scandisce la nostra vita senza sosta fino alla morte.
Ed ora non siete curiosi di sapere perché mi riferisco al rosone della basilica di San Zeno come ad una “Ruota della Fortuna”? Credo che alcuni di voi magari lo possano avere già intuito! Sulle facciate interna ed esterna del mozzo sono incisi in maniera molto accurata ed elegante alcuni versi in rima, in cui la Fortuna afferma sfrontata il suo immenso potere nel dominare il destino degli uomini, impotenti vittime della sua assoluta capacità innalzare ma anche di umiliare durante l’intero corso della loro esistenza.
La frase non consente alcun dubbio:
«En ego F«o»rtuna moderor mortalibus una./ Elevo, depono, bona cunctis vel mala dono./ Induo nudatos, denudo veste paratos;/ in m«e» confidit siquis, derisus abibit», ovvero qualcosa che si può tradurre più o meno come «Ecco, solo io Fortuna, governo i mortali. Elevo, depongo, dono a tutti i beni ed i mali. Vesto chi è nudo, spoglio chi è vestito;/ se qualcuno confida in me, se ne andrà deriso». Mi pare un invito decisamente perentorio a diffidare della volubilità del destino! Fossi in voi me lo ricorderei!
Per rappresentare la simbologia della “Ruota della Fortuna” in perpetuo movimento, l’artista ha scelto di raffigurare la buona e la cattiva sorte attraverso sei figure umane, scolpite nel giro più esterno del cerchio. Esse vanno lette in senso orario per comprendere come agisce il destino: i due simboli utilizzati sono molto chiari, il modo di proporre il corpo va dalla massima gloria della posizione del tutto eretta alla peggiore disgrazia della posizione completamente stesa, e la condizione delle vesti attraverso l’azione del vestire e dello spogliare indica lo stato di straordinaria prosperità o di terribile sventura. Vengono creati dunque un climax e un anticlimax, dal bene al male, dal male al bene.
 
In alto al centro, ad ore 12, appare rappresentata la condizione di chi gode della somma felicità attraverso un uomo raffigurato come un sovrano in trono la cui mano destra indica verso l’alto, in un gesto di ammonimento che suggerisce di non limitare il nostro pensiero all’instabilità di questo mondo che continuamente muta, ma di elevarlo verso Dio. Solo Lui, incurante della variabilità della fortuna, darà a ciascuno il premio o la punizione perpetui meritati in base alla condotta di vita: alla fine del tempo limitato degli uomini ci sarà solo il tempo eterno di Dio, dispensatore della vera ed unica giustizia. Infatti nel punto più alto della facciata, nel timpano della basilica di San Zeno soprastante il rosone, era affrescato il momento del Giudizio Universale. Oggi ormai i colori sono scomparsi, ma il disegno è stato perfettamente ricostruito grazie alle linee guida incise per realizzarlo nella pietra. Verso destra l’uomo precipita verso il basso cercando di aggrapparsi alla ruota, prima quasi privo di vestiti con solo un pezzo di stoffa pendente dal braccio e dopo completamente nudo. In basso al centro, l’uomo è ormai steso a terra prostrato ed avvilito per raffigurare la situazione di chi è stato colpito dall’estrema avversità. Proprio da qui comincia un movimento inverso. Verso sinistra l’uomo prima riappare indossando una tunica mentre, accovacciato, tenta di rialzarsi, poi lo rivediamo ricoperto da una di tunica e un mantello, ormai quasi in piedi, con lo sguardo rivolto verso l’interno della ruota.
Dunque vi ho convinti a diffidare della volubilità Fortuna? Spero di sì perché effettivamente nessuno di noi conosce il futuro che gli è riservato ed è meglio non sperare e non disperare mai del tutto! Ebbene se solo il rosone della basilica di San Zeno contiene un tale messaggio segreto, quante altre cose nasconderà la facciata?
Se venite a Verona, vi rivelerò un intero universo di antichi simboli degno de “Il codice Da Vinci” di Dan Brown!
Per quanto ho scritto mi sono avvalsa del sito https://www.treccani.it/enciclopedia/brioloto_(Dizionario-Biografico)/ e del sito https://it.wikipedia.org/wiki/Rosone_della_basilica_di_San_Zeno che rende note le conclusioni di due studi fondamentali, Silvia Musetti, “Il rosone della chiesa di San Zeno Maggiore a Verona. Alcune considerazioni”, in “Annuario storico zenoniano”, Verona, 2013 e Silvia Musetti, “Il rosone di Brioloro”, in Francesco Butturini e Flavio Pachera (a cura di), “San Zeno Maggiore a Verona. Il campanile e la facciata. Restauri, analisi tecniche e nuove interpretazioni”, Verona, Istituto Salesiano San Zeno, 2015.