Oggi vi porto virtualmente a visitare quello che è forse ritenuto il capolavoro più importante al mondo, il Cenacolo Vinciano.
Ma conoscete alcuni segreti nascosti dietro la storia di quest’opera?
Leonardo da Vinci arriva a Milano nel 1482 e qui si ferma a lavorare per Ludovico Maria Francesco Sforza detto il Moro fino alla fine del di costui potere nel 1499.
Leonardo disegna, studia, si muove sul territorio lombardo, analizza, sperimenta… sì, soprattutto sperimenta, perchè proprio di un esperimento si tratta quando si parla del suo Cenacolo.
Ricevuta la commissione di dipingere un’Ultima Cena su una delle due pareti più piccole del refettorio in Santa Maria delle Grazie, Leonardo sicuramente si accorge subito che il muro è rivolto a nord e quindi non ideale per eseguire un dipinto ad affresco, che – come dice la parola stessa “a-fresco” – necessita di tempo per asciugare… ma soprattutto non permette al frescante, una volta asciugato, di eseguire modifiche all’opera.
Ecco che Leonardo sperimenta una diversa tecnica su quella parete e così lavora alacremente tutto il giorno, in altre giornate si ferma solo ad osservare la sua opera, mentre vi sono giorni in cui passa e modifica solo piccoli dettagli con un colpo di pennello.
Ogni apostolo reagisce in modo diverso a quella frase del Maestro “uno tra voi mi tradirà” e Leonardo, dopo molti schizzi su carta, ne descrive i sentimenti, “i moti dell’animo” per dirlo con parola sue, enfatizzandone i gesti delle braccia, delle mani, la postura dei corpi, la posizione dei volti tanto da far sentire noi oggi, davanti al capolavoro, coinvolti nella scena. E così dovevano sentirsi i domenicani, coinvolti e partecipi a quella scena dipinta sul muro, mentre consumavano i loro pasti in silenzio nel refettorio.
E’ come se tutto si fermasse in un momento unico di sospensione, di tensione. Ecco, quel momento specifico è il momento fortemente emozionale descritto da Leonardo.
Anche la prospettiva utilizzata dal Da Vinci non segue i canoni… per Leonardo “la prospettiva è timone e briglia del mio incedere”. Durante gli ultimi lunghi e strepitosi restauri, guidati da Brambilla Barcilon, il punto di fuga è stato trovato nell’occhio sinistro di Gesù. Noi in piedi nella sala, e i domenicani allora lì seduti a mangiare, viviamo la sensazione di essere quasi sollevati e trasportati all’interno della scena. Quel lato del tavolo vuoto siamo proprio noi ad occuparlo!
Tantissimi i problemi conservativi per l’opera leonardesca, ultimo dei tanti i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Le immagini successive a quel terribile ferragosto del ’43 ci fanno quasi pensare a un vero miracolo se oggi possiamo ancora ammirare in tutta la sua bellezza quel fragile frammento.
I dettagli della decorazione della tavola, quel nodo misterioso dalle tante interpretazioni, la luce così naturale del paesaggio sul fondo e quell’onda emozionale che possiamo immaginare colleghi tutte le gestualità dei presenti.