Napoli

La maschera di Pulcinella

Giuseppe Pipolo
di Giuseppe Pipolo

La sera del 24 marzo del 1876 muore per arresto cardiaco, dietro le quinte del teatro San Carlino di Napoli (demolito nel 1884 e primo teatro in Italia ad avere il sistema di illuminazione a gas), l’attore e drammaturgo napoletano Antonio Petito (detto Totonno ‘o pazzo). Questi è da sempre considerato la migliore versione scenica di Pulcinella (in napoletano Pullecenella), colui che ha dato alla maschera di Acerra l’attuale aspetto: il cappello a pan di zucchero, la mascherina nera, il vestito coi pantaloni bianchi.

 

Pulcinella è stata, in coppia con Arlecchino, la maschera per eccellenza della “commedia dell’arte” italiana dal ‘600 all’800, essendo a volte mattatore a volte spalla del costume veneziano, così come ancora oggi si vede negli spettacoli dei pupi in giro per la nostra penisola. Molti dei grandi attori napoletani e italiani si sono confrontati con questo incredibile intrattenitore, al teatro come al cinema (basti citare Scarpetta, Eduardo De Filippo e Massimo Troisi); è stata anche spesso rappresentata nell’arte figurativa: dai pittori napoletani Giuseppe Bonito e Gaspare Traversi, ai veneziani Giambattista e Giandomenico Tiepolo, fino ai più contemporanei Pablo Picasso e Gino Severini. Numerosi sono anche i riferimenti musicali con le ballate di Pulcinella (Sergio Bruni, Peppe Barra) e la famosa canzone “‘a città ‘e pullecenella” della Nuova Compagnia di Canto Popolare.

L’origine del nome è incerta: forse dal verso del pulcino e dai movimenti studiati del personaggio simili a quelli di un gallinaccio. Qualcuno fa risalire il nome al contadino acerrano Puccio D’Aniello, conosciuto in paese come buffone ed eccentrica macchietta.

Pulcinella è maschera antica, anzi antichissima: le sue origini si fanno risalire al IV sec. a.C., quando nell’entroterra campano, pre-romano e sannita, iniziano a svilupparsi peculiari forme di teatro/rito legate ai cicli stagionali e alle feste religiose, quali le farse delle fabule atellane, importate poi con grande successo a Roma, e caratterizzate da un forte realismo, a volte malizioso e malcelato, e da stereotipi e oscenità, con maschere e personaggi fissi come Maccus e Pappus: alcuni studiosi vedono proprio in questi due personaggi gli antenati del barocco Policenella, metafora ed espressione perfetta della città partenopea: scaltro e stupido, cittadino e contadino, buono e cattivo, luce ed ombra, nero e bianco.

pulcinella

Passeggiando per San Gregorio Armeno sono molte le statuette dedicate alla maschera di Pulcinella, icona del folklore napoletano, come quelle che recano in mano oggetti della tradizione: tammorre, ‘o panariell della tombola, il mandolino, gli spaghetti. E allungandosi verso via dei Tribunali ecco apparire un’ultima opera del maestro Lello Esposito e cioè il busto di Pulcinella con maschera e il classico naso adunco, quasi consumato dagli incessanti sfregamenti dei turisti e dei locali nella speranza che porti bene. Pulcinella è dispettoso, furbo e lesto, ma anche sciocco e a volte molto violento; dopotutto è un uxoricida: secondo la biografia del personaggio uccide la moglie, la povera ‘ntretella, a pugni.

Pulcinella è un’immagine che viene indissolubilmente legata alla città di Napoli, alla sua tradizione.

È simbolo di contrasti e ha forti connotazioni popolari. A differenza delle altre maschere, non esce e viene indossata solo a carnevale, ma tutto l’anno: dal lungomare a Spaccanapoli, guitti e saltimbanchi ancora oggi ne indossano i panni sbracciandosi e sbuffando per qualche spicciolo: non ne fanno un segreto, ché tanto lo saprebbero tutti lo stesso.

Guida turistica di  – Giuseppe Pipolo

Giuseppe Pipolo

Sono una guida ufficiale della regione Campania con esperienza decennale e ho portato in giro gruppi e individuali sempre con passione e professionalità. Propongo tours dalla semplice passeggiata a tours culturali tra musei strade e luoghi meno conosciuti. Offro servizi…
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