Che sia perché cucinare rilassa, perché scoprire cibi nuovi incuriosisce o semplicemente perché stare in tavola coi cari vecchi amici di sempre piace a tutti, la verità è che la nostra vita ruota intorno al cibo. Quale occasione migliore allora che ritrovarsi per una festa?
In Sicilia più che mai, le tradizioni sono festa per natura e non si può che celebrarle col cibo.
Qui nel ragusano, stiamo ancora finendo di smaltire la giùggiulena, o cubbàita per dirla alla maniera araba. Si tratta di un croccante natalizio fatto di semi di sesamo e mandorle tagliate grossolanamente e cotte nel miele con scorzette di limone. Il croccante, una volta cotto, viene steso su una lastra di marmo e messo a raffreddare; alla fine di questo procedimento risulterà indurito dunque pronto per essere tagliato in tanti piccoli rombi e decorato con zuccherini colorati sopra. Non potete immaginare che delizia, ma attenzione ai denti! Esiste anche ‘u turrùni vero e proprio, questo viene preparato e tagliato esattamente come ‘a giùggiulena ma è fatto unicamente di mandorle intere. Un’altra meraviglia natalizia sono i mucàtoli ossia dei biscotti di pasta sfoglia a forma di S con ripieno di fichi, marmellata d’arance e frutta secca, decorati in post cottura con una semplice glassatura zig-zagata sopra. Sono tutti sapori forti ma sono anche molto comuni qui, parlano di quelle nostre origini arabe e a ogni morso raccontano un po’ di storia. Lo so, oramai è tardi penserete, essendo dolci (anzi, cosi arùci) tipicamente natalizi bisognerà aspettare un intero anno prima di poter assaggiare torroni e biscotti! Invece no, non preoccupatevi! Grazie alla curiosità dei turisti sono tanti i panifici e le pasticcerie che propongono queste prelibatezze tutto l’anno!
A Ragusa la regina indiscussa delle feste è a scaccia rausana, ragusana non tanto per indicare il luogo dove viene fatta quanto la modalità di preparazione.
Una poesia di pomodoro e caciocavallo realizzata in un impasto iper sottile, sfogliato e ripiegato su se stesso infinite volte fino a dare vita a un capolavoro del gusto. Non se ne trovano eguali in nessuna altra provincia perché o cambia l’impasto o la farcitura non rispetta la regola culinaria ragusana: attenersi alla produzione locale. Si utilizzano esclusivamente salsa di pomodoro locale fatta in casa e caciocavallo ragusano; niente di più semplice, genuino e buono. Ma a scaccia può anche trasformarsi e diventare ‘n caìccu, ossia una focaccia a mezzaluna co’rièfilu (il ricamo di pasta fatto a mano che chiude i due bordi della mezzaluna). I caìcchi in genere sono farciti di verdura: broccoli, cavolfiori o melanzane. In alcune zone, come a Santa Croce Camerina, questo formato viene farcito anche con baccalà e patate oppure con le seppie. Nelle zone marinare infatti è molto sviluppata la tradizione di focacce di pesce. Sempre sulla scia re scacce solamente qualche km più in là, a Vittoria, la stessa farcitura al baccalà la ritroviamo ne’mpanàti, ossia un piatto della tradizione similare e’ scacce ma a forma circolare, dove la farcitura è chiusa con un coperchio dello stesso impasto. I’mpanàti a Vittoria coincidono a un altro particolare periodo dell’anno: la Pasqua. Qui infatti sono preparate esclusivamente in questo periodo ed è per tale ragione che a’mpanàta per eccellenza è quella di agnello, pisellini e prezzemolo; alcuni aggiungono della salsa, altri impanano e soffriggono leggermente l’agnello prima di metterlo na’mpanàta e cuocere il tutto in forno.
Tornando e’cosi arùci, ai dolci, per Pasqua non possono certo mancare i càssateddi ri ricotta! Cestini bassi e larghi, col bordo a spuntoni, farciti di ricotta dolce setacciata con sopra una spolverata di cannella o delle scagliette di cioccolato. Una tira l’altra e in men che non si dica avrete finito il vassoio!
Ma torniamo a Santa Croce Camerina, qui a Marzo c’è una festa che non si può proprio perdere: San Giuseppe. In molti paesi viene festeggiato questo santo e in diversi paesi vengono fatte le tavole ma qui si trovano una vastità di prodotti e di preparazioni antiche che lasciano senza fiato! Principe delle Cene (è così che chiamiamo le tavole devozionali qui) è il pane ricamato come il più bello dei merletti, a forma della barba del Santo o a forma di S e G, iniziali San Giuseppe da realizzare rigorosamente in coppia o tante altre forme ancora tutte da rimandare alla sacralità del protagonista.
Altri piatti tradizionali sono le polpette di riso o a principessedda, ossia una pasta corta liscia e curva condita con un sugo fatto esclusivamente per questa ricorrenza. Si tratta di un sugo povero perché anche i devoti del popolo più umile dovevano poter omaggiare il Santo ma anche perché i festeggiamenti di San Giuseppe coincidono col periodo quaresimale. Per tale ragione viene dunque preparato come se fosse un sugo di carne ma non ne contiene affatto, gli ingredienti sono invece: soffritto di cipolla, salsa di pomodoro fatta in casa, vino rosso per sfumare il sugo (come se ci fosse la carne), sale, pepe, cannella, cardamomo, chiodi di garofano e finocchietto selvatico. Sentite già il profumo che vi inebria vero?
Si potrebbe scrivere di cibo, tavole e tradizioni per giorni ma perché non decidere invece di venire per deliziarvi direttamente qui nel ragusano di questi e tanti altri piatti che ancora non ho raccontato? Voi scegliete il periodo, io vi trovo la giusta tavola e perché no, anche un ottimo luogo dove mettere direttamente le mani in pasta!
