Quando si menziona la città di Alba viene spontaneo abbinarla a due cibi: il tartufo e alla Nutella. Ma la città offre ben di più, perché passeggiando per le sue vie si racconta una storia millenaria.
Alba diventa un centro importante in epoca romana, soprattutto ebbe il suo grande sviluppo economico ed urbano nel I secolo: di questa struttura monumentale rimangono alcuni resti rinvenuti durante scavi di manutenzione dello spazio urbano. Struttura monumentale era il tempio, di cui si trovano i resti in superficie di una parte dei muri perimetrali delle fondamenta, oppure anche il teatro oggi “nascosto” nei sotterranei della Chiesa di San Giuseppe.
Ma soprattutto, ad Alba si respira l’atmosfera medioevale, quando entrando nel centro storico, sei accolto dalle immense torri dei palazzi.
Le case-torri, appunto, che un tempo caratterizzavano lo skyline della città: pare che rappresentassero il potere delle famiglie nobili in base alla loro altezza. Oppure, andando a scoprire il bel San Domenico, chiesa dei domenicani che rappresenta uno dei maggiori esempi di architettura gotica del territorio, con la sua imponenza, i resti degli affreschi quattrocenteschi all’interno. Ma Alba, è anche un po’ barocca, e in Piemonte non può mancare: allora, occorre fare un salto nella piccola Chiesa della Maddalena, scrigno di tesori, dagli affreschi della volta, al trecentesco crocifisso ligneo e alla storia della Beata Margherita di Savoia.
Ma un racconto di Alba, si può fare anche andando a riprendere le pagine di Beppe Fenoglio, che ci presenta una città che vuole uscire dall’invasore nazifascista. Lui che combatté in prima linea sulle colline attorno alla città e che poi ci ha lasciato questa testimonianza straordinaria.
“Corse giù dove potesse meglio vederla, come da un sipario più accentuamente ritratto, si sedette sul ciglio con le armi accanto ed una sigaretta in bocca riguardò Alba. La città episcopale giaceva nel suo millenario sito, coi suoi rossi tetti, il suo verde diffuso, tutto smorto e vilificato dalla luce non luce che spioveva dal cielo, tenace e fissa e livida, come una radiazione maligna. […] Oltre il fiume, nella campagna esemplare, gli alberi scuri e sinistri componevano una virgolatura imponente ma misteriosa sul disteso verde smorto, plumbeizzato. Johnny smaniò per la nostalgia. Si fissò a guardare dov’era la sua casa, giaceva sepolta sotto i rossigni contrafforti della cattedrale. Johnny compì il miracolo di enuclearla in elevazione, ecco la sua casa, col caro contenuto, librata in aria, nel vuoto ambiguo ai contrafforti aerei della cattedrale…Poi la casa precipitò, come Johnny mancò per un attimo di tenerla sollevata con la sua forza intima”.
Da “Il partigiano Johnny”