Ciao! Torno a parlarvi di qualcosa di molto importante per la mia città, Arezzo, la statua di bronzo etrusco della Chimera, conservata ancora oggi a Firenze ma ritrovata e appartenente ad Arezzo. Da noi ne possiamo vedere solo alcune copie: davanti alla stazione ferroviaria, a porta San Lorentino dove è stata trovata e una copia in scala all’interno del palazzo dei Priori.
Se vi va scopriamo insieme di cosa si tratta.
La Chimera è la personificazione della Tempesta, la sua voce è il tuono.
Secondo la mitologia dimorava in Licia, e fu solo grazie a Bellerofonte che il mitico mostro venne ucciso. Con l’aiuto di Pegaso, cavallo alato, Bellerofonte riuscì a sconfiggere Chimera con le sue stesse terribili armi, infatti “…non c’era freccia o lancia che avrebbe presto potuto ucciderla.” Bellerofonte immerse la punta del giavellotto nelle fauci della belva e il fuoco che ne usciva sciolse il piombo che uccise l’animale. Come già aveva fatto Perseo con Medusa, anche Bellerofonte abilmente seppe sconfiggere la creatura facendo sì che la sua forza si ritorcesse contro di lei, infatti distruggeva ogni cosa con le fiamme che uscivano dalle sue tre bocche.
Molte e diverse sono le rappresentazioni iconografiche del mostro leggendario. L’artefice della Chimera di Arezzo sembra si sia ispirato dall’Iliade: il corpo di un leone, con tanto di criniera, ma al posto della coda un serpente e sulla schiena una terza testa, quella di una capra. In apparenza tutte e tre le teste erano in grado di soffiare fuoco.
“Lion la testa, il petto capra, e drago la coda;
e dalla bocca orrende vampe vomitava di foco …
(Iliade, VI, 223-225 trad.V.Monti)
La Chimera di Arezzo oggi è il simbolo del Quartiere di Porta del Foro, uno dei quattro quartieri della Giostra del Saracino. La sua datazione è fatta risalire a un periodo compreso tra il V e il IV secolo a.C. Faceva parte di un gruppo di bronzi sepolti nell’antichità per poterli preservare.
Si tratta di una statua di bronzo rinvenuta nel novembre del 1553 ad Arezzo durante la costruzione della fortificazione medicea, fuori da Porta San Lorentino. Venne subito reclamata dal granduca di Toscana Cosimo I de’ Medici per la sua collezione, il quale la espose pubblicamente presso il Palazzo Vecchio, nella sala di Leone X. Venne poi trasferita presso il suo studiolo di Palazzo Pitti, in cui, come riportato da Benvenuto Cellini nella sua autobiografia, “il duca ricavava grande piacere nel pulirla personalmente con attrezzi da orafo.” Nel 1718 venne portata nella Galleria degli Uffizi e in seguito fu trasferita presso il Palazzo della Crocetta, dove si trova tuttora, l’odierno Museo archeologico di Firenze.
Inseguire una Chimera
La Chimera, con le sue strane fattezze, personifica qualcosa di molto lontano dalla realtà, un insieme di elementi che in natura non avrebbero mai potuto essere legati tra loro, per questo nel linguaggio di tutti i giorni l’espressione “Inseguire una chimera” significa perdersi dietro qualcosa di illusorio, un sogno vano e difficilmente realizzabile che ci svia dalla concretezza della vita reale.
Noi aretini stiamo inseguendo da anni la nostra Chimera in quanto ci piacerebbe che da Firenze finalmente tornasse nella sua città di origine, Arezzo.