“Frati godenti fummo, e bolognesi;
io Catalano e questi Loderingo
nomati…” (Inferno, XXIII 103-105)
Ma chi erano questi “frati godenti”?
Erano i confratelli di un ordine religioso-cavalleresco: l’Ordo Militiæ Mariæ Gloriosæ, fondato nel 1260 proprio dai due personaggi che Dante incontra tra gli ipocriti, avvolti in pesanti cappe di piombo dorate esternamente: Loderigo (degli Andalò) e Catalano (de’ Malavolti).
L’Ordine, che aveva lo scopo di riportare gli eretici sulla retta via e pacificare le fazioni, fu approvato da papa Alessandro IV nel 1261. Era suddiviso in Cavalieri (laici che potevano sposarsi), Conventuali (autorizzati all’uso delle armi) e Chierici (cui spettavano gli uffici divini). Gli appartenenti all’Ordine erano in massima parte nobili, sia Guelfi che Ghibellini, e si ispiravano all’azione dei Domenicani[1], condividendo con quelli la Regola Agostiniana.
Vestivano “robe bianche e un mantello bigio e l’arme in campo bianco e la croce vermiglia con due stelle”[2].
Nel periodo di massima espansione ebbero una settantina di conventi: in Lombardia, in Romagna, in Toscana e nella Marca Trevigiana ma quello di Ronzano (posto sul colle più alto tra quelli che circondano Bologna[3]) fu la loro sede principale.
È qui che siamo diretti.
Con un po’ di allenamento – e di fiato – lo possiamo raggiungere anche a piedi salendo lungo via dell’Osservanza e poi continuando su via di Gaibola oppure sul sentiero 904 del CAI.
Seguiremo così i passi di tanti eremiti e pellegrini ma anche dei tristi cortei che portavano a sepoltura i suicidi e i morti con infamia.
I Gaudenti arrivarono all’Eremo di Ronzano nel 1267. Ricostruirono l’antico romitorio ormai abbandonato e affiancarono alla superstite chiesetta della Trinità un nuovo tempio, dedicato a Maria Santissima. Successivamente ampliarono la proprietà acquistando numerosi terreni confinanti, vigne e boschi.
Tra i tanti che fecero parte della Milizia non possiamo non citare il celebre[4] poeta Guittone d’Arezzoche, divenuto milite, non scrive più versi d’amore ma disserta solo di contenuti morali e Frate Bonaventura di Savignano, “doctor legum” presso lo Studium bolognese.
Con il crescere delle ricchezze, però, per dirla con Leandro Alberti: “s’estinse … questa loro Charità, che non attendevan ad altro, che à godere quegli opulenti beneficij …. da quell’accidente furono poi chiamati i Gaudenti[5]”.
(Per par condicio devo qui dare voce anche a chi sostiene che l’appellativo derivi invece dalla devozione dei frati a Santa Maria del Gaudio).
In ogni caso, se per via di ingiusti pettegolezzi o del comportamento scorretto di alcuni militi, nel Quattrocento l’Ordine cominciò a languire, anche economicamente. E così nel 1475 i possedimenti di Ronzano furono venduti ai domenicani che, demolito tutto, edificarono una nuova chiesa e un nuovo convento.
Quasi tutto è andato perduto del tempo dei Frati Gaudenti, comprese le loro sepolture. Nella piccola chiesa domenicana però resta una testimonianza preziosa: la “Madonna dei Gaudenti”, un piccolo altorilievo trecentesco in pietra marmorea che raffigura la Vergine con il Bambino. Avviciniamoci e vedremo che i loro nimbi hanno una forma insolita: una croce e una sorta di stella. Vi ricorda qualcosa?
Ma ora perdiamoci nel sorprendente panorama (perché davvero “da qui … si domina la valle” [6] !): i colli che sfumano verso la pianura, i rilievi dell’alto Appennino bolognese, prati alternati a vecchi filari di peri, ciliegi e sorbi…
Soprattutto assaporiamo il silenzio.
[1] Una tempera di Vittorio Maria Bigari nella navata centrale della Basilica di San Domenico a Bologna raffigura l’istituzione dell’Ordine da parte del Beato Bartolomeo di Braganza
[2] Da: “Luoghi romiti d’Italia: Ronzano e i frati gaudenti” (Patrizio Patrizi, Milano 1923, Tip. del Corriere della Sera)
[3] 285 mslm
[4] Ma Dante e Guido Guinizzelli ne parlano in modo poco elogiativo! (Purgatorio, Canto XXVI, 124-126)
[5] Da: Dell’Historia di Bologna, Bologna 1590, II, deca II, p.23
[6] Banco del Mutuo Soccorso, In Volo (1:26)