Oggi parliamo di un luogo magico, solenne e silenzioso, e una vera meraviglia artistica: il Cimitero monumentale di Staglieno.
Un’intera collina costellata di templi e cappelle, monumenti alla ricchezza della borghesia industriale, ma soprattutto uno spaccato della società genovese tra ‘800 e ‘900.
Perché Staglieno è molto più di un luogo dedicato al riposo più lungo, è la celebrazione di un’epoca e di una comunità che ha voluto rendersi immortale.
I personaggi che hanno visto l’Unità d’Italia, come pietrificati, sono giunti fino a noi, con i loro abiti, gli attrezzi del mestiere, persino con gli arredi delle loro case, precisi e dettagliati con un realismo impressionante!
E poi il Novecento, i cambiamenti politici e sociali, le inquietudini, il simbolismo e l’Art Nouveau, l’eleganza delle linee sottili, i decori floreali che raccontano un’evoluzione, una rinascita, la voglia di uscire dalle brutture dell’epoca industriale e tornare alla natura e alla Bellezza.
E’ una vera galleria di sculture a cielo aperto, e molte delle opere hanno varcato i confini nazionali per essere copiate a Buenos Ayres, a San Francisco, a Santiago del Cile.
Ci sono grandi nomi a Staglieno, dai fieri imprenditori noti in tutta Italia come Ansaldo e Piaggio, a personaggi famosi da libro di storia come Giuseppe Mazzini e Nino Bixio, a grandi cantautori come Fabrizio De André; la più famosa però è una donnina che è riuscita a passare alla storia, pur venendo dal popolo.
Caterina, così si chiamava, era nata poverissima, e ha lavorato duramente; era una donna forte e decisa, Caterina, e ogni giorno metteva da parte i suoi pochi guadagni per poter realizzare il suo progetto: pagare un grande artista che la rendesse immortale.
Con il suo vestito più elegante, lo scialle di merletto, il grembiulino fresco di stiratura, e al collo quelle collane di nocciole che per tutta la vita aveva venduto alle fiere di paese, Caterina Campodonico è riuscita nel suo intento, e oggi ha il suo posto d’onore nel prestigioso porticato destinato a quei ricchi signori che probabilmente l’avevano sempre snobbata.