Il leone è l’animale totemico di Firenze da tempo immemore e se qualcuno volesse saperne di più a tale riguardo, vi rimando al bellissimo articolo della mia collega Gianna Mercatanti, in cui si parla del Marzocco, il leone fiorentino.
Io, in questo articolo invece, vorrei parlarvi della “star del bestiario medievale” (Pastoureau) che possiamo ammirare in una delle porte del Duomo di Firenze, la Porta dei Cornacchini o della Balla, non lontano dalla più celebre e celebrata Porta della Mandorla.
Ai due lati della soglia, vi sono due leoni stilofori.
Una leonessa con i piccoli a sinistra e un leone in atto di ruggire a destra.
Nel lessico medievale il Rex omnium bestiarum è spesso associato all’immagine di Cristo per la sua regalità e autorità ma come accade per molti simboli dell’immaginario romanico, anche il leone può avere un significato ambivalente e rappresentare il demonio: “dalle fauci del leone liberami o Signore” recita il Salmo XXII, “vigilate perché il diavolo come un leone ruggente va in giro cercando chi divorare” scrive San Pietro.
I bestiari medievali riportano una strana peculiarità nella descrizione del re degli animali ovvero quella di dormire ad occhi aperti.
Il leone dorme vegliando, divenendo così figura della vigilanza. Ecco allora il suo significato di guardiano della porta, colui che tiene lontano il male, il peccatore a cui non è dato di varcare la soglia della chiesa: “Io sono la porta, chi entrerà attraverso me sarà salvo” (Gv 10,9).
Ma quei leoncini accanto alla madre e non lontani dal padre ci raccontano un’altra particolarità del leone riportata da quasi tutti i bestiari antichi, incluso il Fisiologo, il più antico di tutti. Tale singolarità è quella di resuscitare i propri piccoli nati morti:
“…quando la leonessa genera il suo piccolo, lo genera morto e lo custodisce finché il terzo giorno giunge suo padre, gli soffia sul volto [altri bestiari riportano il verbo ruggire] e lo desta. Così anche Dio onnipotente il terzo giorno ha risuscitato dai morti suo figlio…” (Anonimo Fisiologo greco)
La Porta della Balla di Santa Maria del Fiore a Firenze è stata abbellita con le statue dei leoni, che possiamo ammirare ancora oggi, nell’ultimo scorcio del Trecento. Qualche decennio prima, Giovanni Villani, celebre cronista vissuto al tempo di Dante, riporta nella sua “Nuova Cronica” un curioso episodio accaduto a Firenze e di cui lui stesso fu testimone.
La città teneva in gabbia alcuni esemplari del grosso felino, in quanto altro emblema della città del Giglio; ebbene, nel 1333, scrive il Villani:
“nacquono in Firenze due leoncini del leone e leonessa del Comune, che stavano in istia incontro a San Pier Scheraggio [la chiesa che sorgeva dove adesso si trovano gli Uffizi]; e vivettono e fecionsi grandi poi; e nacquono vivi e non morti come dicono gli autori ne’ libri della natura delle bestie, e noi ne rendiamo testimonianza, che con più altri cittadini gli vidi nascere, e incontanente andare a poppare la leonessa…”. Il Villani tenta anche una spiegazione scientifica a tale “maraviglia”: forse erano vivi perché nati “di qua da mare”.
Chissà se quella leonessa con i suoi cuccioli scolpita alla Porta della Balla non volesse essere anche un ricordo di quella “maraviglia”a qualche decennio di distanza.
Un altro curioso animale attira la nostra attenzione fra i bellissimi rilievi della Porta della Mandorla: è un orso che sale su di una quercia, il cui significato…ma questa è un’altra storia che vi racconterò di persona quando verrete a visitare la mia città.