La prima lapide funeraria della storia? È quella di un cacciatore del Feltrino ed ha 14 mila anni.
Ha 14 mila anni la più antica lapide funeraria della storia dell’uomo. È quella trovata nella sepoltura a inumazione dell’Uomo della Val Rosna, nel riparo sottoroccia di una valletta laterale della Val Cismon, tra Feltre (BL) e Fiera di Primiero (TN) a 500 m. s.l.m., in comune di Sovramonte (BL), dove venne rinvenuta negli anni ’80, grazie ad Aldo Villabruna, appassionato locale di storia ed archeologia.
Ma chi era l’Uomo della Val Rosna? Un cacciatore del Paleolitico Superiore (Epigravettiano) di circa 26 anni – ci raccontano gli esperti – così abile nella caccia che alla sua morte, 14 mila anni fa, i suoi simili hanno realizzato per lui una stele funeraria, la prima della storia umana ad oggi scoperta, per segnare la sua sepoltura in una grotta appositamente preparata per contenerla, e ricca di elementi di corredo.
Il cacciatore epigravettiano della Val Rosna – chiamato familiarmente Rosni – venne sepolto e coperto con una serie di ciottoli e sassi di varie dimensioni, raccolti nel vicino torrente, con la funzione di lastricarne la tomba. Alcuni di questi ciottoli erano dipinti e rivolti verso il corpo del defunto, allo scopo di raccontare per immagini la vita e le gesta, come estremo omaggio ad un uomo di valore. La pietra dipinta più grande, sagomata a forma rettangolare, era posta all’altezza del bacino, con segni che costituiscono, sempre secondo gli esperti, il ritratto del cacciatore. Rispetto agli altri ciottoli dipinti in ocra rossastra, questo sasso era però rivolto verso l’esterno, fatto che rende la sepoltura di Rosni l’unico caso in ambiente paleolitico dove si riscontri una netta relazione tra ideazione, realizzazione e devozione di un complesso rituale artistico per una sepoltura. Quasi una fotografia del defunto, come quelle moderne che ornano le lapidi cimiteriali.
L’analisi dei segni della stele funeraria evidenzia l’abilità e la forza di Rosni come cacciatore: vi sono rappresentate in modo stilizzato innumerevoli braccia, nonostante vivesse in una grotta di montagna, non avesse un fisico possente e fosse alto circa un metro e 70. Il disegno lo mostra iperdotato di 12 arti secondo un motivo geometrico-schematico a linee spezzate, che ci induce a immaginarlo mentre è in attività di caccia, in rapido movimento prima di sferrare l’attacco decisivo alla sua preda, quasi come in una sequenza di fotogrammi, parlando in termini cinematografici.
Indubbio è il valore paleo-archeologico ed antropologico del cacciatore di Sovramonte, non solo per la lapide che lo raffigura, ma anche per tutto il resto della sepoltura, studiata da un’équipe multidisciplinare dell’Università di Ferrara. Sotto il lastricato con la lapide, in una fossa, è stato rinvenuto lo scheletro di Rosni, posto in posizione supina, e con la testa rivolta a sinistra posata in una nicchia di pietra che ne ha permesso la conservazione nella sua integrità.
L’antro in cui era riparato era cosparso di ocra rossa.
Sotto di lui, un probabile letto di aghi di conifera, e accanto al braccio sinistro una serie di oggetti a lui cari, forse contenuti in una sacca di pelle, come ossa di cervo, utensili da lavoro, un coltello in selce, una ciotola dove preparare il propoli per curare le proprie ferite, conchiglie marine forate, forse parte di un monile. Le altre pietre dipinte mostrano disegni di palchi di corna di cervo, una figura antropomorfa in posizione danzante, e ciottoli a motivi alberiformi.
I compagni del suo gruppo hanno voluto ricordarlo così, con un ritratto e con altri segni capaci di tramandarne il ricordo e le doti, e con oggetti che dovevano accompagnarlo nel suo misterioso viaggio dopo la morte, a dimostrazione di un profondo sentimento spirituale della sua comunità di appartenenza, unito ad un alto grado intellettivo e creativo, oltre che alla capacità di sintetizzare un concetto, traslando un realismo visivo in un concetto astratto.
Il segnacolo aveva dunque l’obiettivo di indicare un luogo sacro e un personaggio di rango superiore.
Nonostante la sua importanza, Rosni non ha avuto fino ad oggi la fortuna mediatica di cui hanno goduto Oetzi, la mummia del Similaun, vecchia solamente 4mila anni, e l’Uomo di Mondeval, i cui resti risalgono a 7.500 anni fa. Ma le cose stanno per cambiare: un percorso archeologico diffuso fra il Monte Avena (BL) – altro sito dove sono stati fatti importanti ritrovamenti in epoca paleolitica – la Val Cismon, luogo del ritrovamento della sepoltura di Rosni, il museo didattico multimediale di Sovramonte (MUVAR) ed infine il museo archeologico di Belluno, dove sono conservate le pietre dipinte, parlerà “diffusamente” di Rosni, rimediando ad un errore comunicativo del passato. A partire dall’estate 2020.
Ma i segreti di Rosni non sono solo questi…
Non vi resta che seguirmi nel percorso dell’Uomo della Val Rosna, fra Belluno e Sovramonte, alla scoperta delle origini del sacro in queste vallate ai piedi delle Dolomiti Bellunesi, Patrimonio Unesco.