C’era una volta un mare, il Mare Nostrum, un mare di proprietà. Si può essere proprietari di un intero mare? Se sulle sponde di quel mare si affaccia l’Impero Romano e tutto fa capo ad una città, Roma, la risposta è si.
L’Urbe dal I secolo sguazzava allegramente da una sponda all’altra del Mar Mediterraneo, lo stesso mare di prima, salpando e approdando da porto a porto, imbarcando e scaricando derrate alimentari, pietre preziose, materie prime, spezie, conchiglie porporine, rottami di vetro, marmi, obelischi, statue, schiavi, belve feroci … tutto quello che la bocca, il denaro e le brame degli uomini potevano masticare, comprare e commercializzare. Alessandria, Leptis Magna, Cartagine, Marsiglia, Pozzuoli, Cagliari, Ostia e altre decine di puntini sulle mappe costiere. Rotte che si incrociavano e fari luminosi ad indicare la via ai naviganti.
Valevano anche le fermate intermedie su Isole e Isolette. Come scriveva Cicerone, “il Mare ai Naviganti”, categoria che non conosceva distinzioni di razza o di colore e veleggiava senza doversi preoccupare di vincoli e confini.
Roma, superate le prove di democrazia e abbandonato da secoli il primitivo villaggio sul Palatino, era cresciuta, attraendo e moltiplicando la popolazione, fino a diventare, nel II secolo, una metropoli di un milione e trecentomila persone, qualcuno stima molte di più. Al timone, ormai da anni, un Imperatore.
Fare l’Imperatore, a tempo indeterminato o quasi, non era propriamente un gioco. Ad ogni cambio di Principato il problema si ripresentava: “il popolo affamato fa la rivoluzione”, e questo gli Imperatori l’avevano capito molto prima che Rita Pavone cantasse “W la pappa col pomodoro”, per il pomodoro toccherà aspettare il 1500 inoltrato ma pane e olio non dovevano mancare e hai voglia a far bruschette!
Os = Bocca
Os-tium, Ostia era l’organo di senso, la Bocca di Roma.
Ostia, primo porto di Roma, riceveva, trasbordava, stoccava, saggiava come ogni bocca fa e garantiva che le pance si riempissero e questo 365 gg all’anno, compreso l’anno bisestile. A Ostia arrivavano beni di primo consumo, olio, vino, garum, la ghiotta e maleodorante salsa di pesce, ma prima di tutto venivano scaricate tonnellate di cereali sotto il vigile controllo del “procurator” dell’Annona, ivi stabilitosi, che dipendeva dal “Prefectus“dell’Annona, nominato direttamente dall’Imperatore e al quale, altrettanto direttamente rispondeva, senza errori ne esitazioni, altrimenti..ZAC..saltavano le teste. Non c’era possibilità di appello.
Se non si era all’altezza del compito conveniva dirlo subito e oso immaginare che nessuno millantasse quello che non era. Regola poi dimenticata.
Sicilia, Sardegna e poi Egitto e Africa del nord: grano, grano e ancora grano.
L’Annona, divinità preposta agli approvvigionamenti, con tanto di attributi, tra cui la cornucopia, diventò con l’Imperatore Augusto e successivi perfezionamenti un congegno con ingranaggi ben oliati (forse anche per l’enorme quantità di dorato fluido proveniente dalla Betica e dall’Africa) che garantiva le distribuzioni di grano, farina o pane, a seconda del periodo storico, a chi ne aveva diritto e così sfamava intere famiglie, senza corrispettivo. Piena la bocca e riempita la pancia, buona parte di consenso era garantita: Panem et circenses. Dei giochi e degli svaghi, l’altra faccia della medaglia, racconteremo in opportuna sede.
Ostia era il motore di questa macchina, e mai perse il suo ruolo, nemmeno dopo l’inaugurazione del grande Porto di Traiano, capolavoro di ingegneria per alloggiare navi e merci, ventre di un’enorme balena dove Pinocchio si sarebbe trovato a proprio agio.
Anche sull’Impero più luminoso tramonta il sole, ci pensò la falce della crisi a sfoltire le città, Roma si rattrappì, Ostia ne sofferse enormemente, la bocca dello stomaco si chiuse e dal VI secolo la città, già in declino, si svuotò, e pian piano venne sepolta e cacciata nell’oblio.
La sabbia nasconde ma non ruba, potremo dire parafrasando. Il nostro viaggio è partito da lontano ma eccoci all’approdo, oggi Parco Archeologico di Ostia Antica. Ognuno qui può immaginare di essere parte dell’umanità operosa che 2000 anni fa ne percorreva strade e diverticoli, verso un’occupazione o una pausa, a rendere omaggio a qualche divinità arrivata da lontano, magari via nave, o a rifarsi la bocca con uovo sodo e olive, alla faccia del finger food .
Un’intera città: magazzini, insule, domus, templi, negozi, bar, terme grandi e piccole e le latrine, sempre utili. Incluso il servizio taxi per Roma e gli spettacoli in Teatro. Le merci intanto continua(va)no il loro viaggio verso Roma; state pronti a salire sulla chiatta e….ma questo un altro giorno, ormai è tardi, la notte è già in agguato e sul molo ormai non è rimasto più nessuno.
Ringraziamenti: Ostia la Bocca di Roma è un titolo preso in prestito, l’archeologo Giorgio Rizzo, in una conferenza ad Ostia Antica, disse che questo titolo, da lui proposto, era stato “sostituito”. L’immagine che evoca mi pare invece di grande impatto. Ricevuta l’autorizzazione dal suo autore, l’ho adottato.