Percorrendo la strada statale 275 che da Lecce conduce a Santa Maria di Leuca, quando ormai mancano solo una manciata di chilometri De Finibus Terrae, troviamo l’uscita per Presicce ed eccoci giunti in uno dei borghi più belli d’Italia.
Presicce è un piccolo centro dell’entroterra salentino, a pochi chilometri dalle famose spiagge che vantano il mare caraibico della costa ionica. Le sue casette imbiancate a calce e la bellezza dei suoi palazzi storici con le facciate impreziosite dai ricami in pietra leccese, affascinano qualsiasi visitatore vi approdi.
È la “Città dell’olio e degli ipogei”, e non a caso; in questo piccolo centro, infatti, nel lontano 1823, furono censiti ben 23 frantoi ipogei, che per secoli hanno arricchito l’economia di questo lembo di terra salentina e fatto la fortuna di molti suoi cittadini e non solo.
Presicce per un lungo periodo è stata la patria dell’olio lampante, l’oro verde del Salento.
La centralissima piazza del Popolo, se in superficie ci offre la vista del Palazzo Ducale, la cui facciata fa solo presagire lo scrigno contenuto al suo interno, nei suoi sotterranei svela otto frantoi ipogei, un tempo separati l’uno dall’altro e oggi uniti in un dedalo che lascia traspirare tutto il lavoro, il sudore e la fatica degli uomini, i trappatari, che per sei mesi all’anno li animavano senza sosta, ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette; insieme ai trappatari, c’erano lu nachiru, lu turlicchiu e li ciucci.
I trappeti appartenevano a famiglie nobili, che avevano il denaro necessario per edificare queste opere di ingegneria contadina. Perché venivano costruiti sottoterra? Per due motivi, uno pratico e l’altro, diciamo, fisiologico; sarà sufficiente scendere qualche gradino per fare un tuffo nel passato ed essere immersi in un’atmosfera davvero particolare ed emozionante.
L’economia dell’olio lampante, oltre a far prosperare le famiglie nobili del posto, attirava anche molti forestieri, che da varie regioni d’Italia giungevano qui, dove non vigeva lo ius trappeti, ovvero l’imposta dovuta sulla produzione di olio. E così, con il passare del tempo, quell’originario pugno di case sceso a valle dalla serra di Pozzomauro spinto dalla siccità, andava ingrandendosi, popolandosi di persone che lavoravano, di commercianti che qui venivano a vendere le loro merci, di nobili che costruivano i loro palazzi. Nella bellissima piazzetta Villani, impreziosita dalla facciata della chiesa dedicata a Sant’Andrea e dall’omonima Colonna, ogni settimana veniva battuto il prezzo dell’olio, a testimonianza dell’importanza assunta da Presicce soprattutto nel Settecento e nell’Ottocento.
Oggi, passeggiando per il centro storico è come se risentissimo quel brulicare di gente, i rumori dei traini che si allontanavano in direzione di Gallipoli, da dove salpavano i velieri con le anfore piene di olio lampante alla volta dell’Italia e dell’Europa intera.
Tutto profuma di antico, di passato in questo piccolo borgo;
le facciate dei palazzi fanno bella mostra di sé, grazie alla maestria, in molte occasioni di scalpellini locali, di cui i presiccesi vanno fieri; ed ecco che spuntano le maioliche di Palazzo Alberti o il ricamo arabeggiante della balaustra di Palazzo Soronzi; e che dire di Casa Turrita, esempio mirabile di casa fortezza.
Tutto questo fa di Presicce un borgo dall’aria signorile, che sarò felice di farvi conoscere. Passeggeremo tra le viuzze del centro storico e, tra palazzi antichi, case a corte e giardini pensili, la meraviglia sarà ovunque!