Lungo corso Matteotti, una delle strade principali di Cremona, un simulacro di rame dorato fa da arco all’ingresso di una piccola stradina laterale. L’immagine mostra la Vergine con il bambino, entrambi incoronati e ben vestiti, sollevati verso l’alto da sgambettanti angeli tra le nuvole. Sul bordo inferiore della veste di Maria si legge Cremonae Patrone.
Superato “l’arco”, si percorre vicolo Lauretano per arrivare nell’amena piazzetta di Sant’Abbondio caratterizzata dall’alternarsi di diversi portoni, uno dei quali presenta un altorilievo simile all’immagine appena incontrata.
Ora se un indizio è un indizio e due indizi sono una coincidenza, difronte al terzo non possiamo che avere la certezza di una prova schiacciante.
Siamo in uno spazio cittadino nel quale non solo si celebra la figura di Maria, ma una sua particolare accezione: la Vergine lauretana.
L’aggettivo che qualifica l’immagine è legato alla cittadina di Loreto, ma la storia ad essa connessa ci porta lontano, in Medio Oriente. La tradizione vuole che ai tempi delle invasioni turche a Nazareth la casa di Maria sia stata sollevata da un gruppo di angeli per essere messa in salvo. Trasportata in volo, dopo avere sostato brevemente nelle zone dell’attuale Croazia, raggiunge nel 1294 i territori marchigiani.
A sua volta la tradizione storica assegna alla famiglia De Angelis la responsabilità del trasporto, via terra e via mare, della casa considerata al pari di una reliquia e pertanto portata dall’Oriente all’Occidente.
L’attenzione riservata a questa porzione di abitazione è data dal fatto che per Casa si intende Stanza, ovvero lo spazio domestico dove la giovane fanciulla Maria ricevette l’angelo e lo spirito Santo, in altre parole il luogo simbolo dell’Annunciazione e dell’Incarnazione.
La Casa diventa quindi da subito meta di pellegrinaggio e dalla seconda metà del Quattrocento è protetta dalla costruzione di uno straordinario Santuario, nel quale hanno lavorato fior fior di artisti e ancora oggi scrigno di importanti e meravigliose opere d’arte. Se il rigore della Controriforma e le epidemie a cavallo dei secoli incrementano ulteriormente viaggi e opere devozionali, saranno le difficoltà sociali e politiche del XVII secolo a rallentare la sua frequentazione e ad elaborare alternative al viaggio a Loreto.
In tutta Italia si dà vita a vere e proprie copie della Santa Casa.
Così accade che nel 1624 a Cremona il nobile giureconsulto Giovanni Pietro Ala chiede ai padri Teatini, a capo della chiesa annessa, di costruire, sull’area di un precedente cimitero, copia della casa di Loreto.
Come nelle Marche si edifica contestualmente il Santuario, che si distingue nella piazzetta cittadina per il portone sormontato dall’immagine della Vergine e da un’epigrafe nella quale si riportano importanti riferimenti al legame con la città di Cremona. Nonostante la struttura del Santuario subisca diverse modifiche nel corso degli ultimi secoli, lo spazio della Santa Casa è rimasto sostanzialmente invariato, con l’unica eccezione dell’altare.
Entrare nella Santa Casa è già di per sé un viaggio mistico: la stanza è spoglia, semplice, povera, presenta nude pareti di mattoni sulle quali sono stati realizzati affreschi, lavorati fin da subito come lacerti per ripetere quelli presenti nell’originale marchigiano. Ogni elemento di “arredo” ha una sua precisa posizione: sopra alla cosiddetta “finestra dell’Angelo” un crocefisso, lungo le pareti candelieri e lanterne dove bruciava l’olio (importante per le guarigioni oggi non più presente), nella parete nord un tabernacolo, che a Cremona è chiuso con ante di legno lavorate a imitazione dell’argento.
Sulla parete orientale spicca l’altare con la statua della Vergine, che instaura con Cremona un legame indissolubile. Nonostante in città esistesse una scultura della Vergine lauretana e la stessa fosse già oggetto di grande culto, con la nascita nel ‘600 del complesso Santa Casa e Santuario si commissiona un nuovo simulacro che assume subito un ruolo di rilievo.
In una città vessata da una terribile epidemia di peste la nuova statua viene portata in processione per le strade, quindi celebrata come liberatrice dopo il 1630 ed eletta a patrona, come puntualmente ricordano le iscrizioni all’esterno del portale d’ingresso. Nel secolo successivo la statua è poi inserita nell’albo delle Madonne Coronate del Capitolo Vaticano e a Cremona arrivano da San Pietro due preziose corone, attualmente esposte nell’annesso Museo Lauretano.
A celebrazione dell’importante riconoscimento la statua viene portata con solenne processione in Cattedrale per ricevere le corone direttamente dal vescovo Litta e nella Santa Casa si decide di rinnovare l’altare, realizzando un’opera sontuosa e ricchissima dove il barocco modella ogni voluta e disegna nel marmo colorato la bellezza del creato.
Dal raccolto spazio della stanza il fedele osserva la statua della Vergine lauretana che presenta un attributo nuovo rispetto alle immagini osservate fino ad ora: il colore. Un viso eburneo, scuro, nero spunta dalla dalmatica argentea.
Sulla Madonna nera, si è detto e scritto tanto a seconda del momento storico di riferimento. Annerita dai fumi di miliardi di candele accese da altrettanti pellegrini; scura come le sfumature dell’icona conservata nella Santa Casa fin dal suo arrivo; caratterizzata dall’ossidazione di alcuni componenti come accade in molte opere del passato; erede delle tonalità delle antiche immagini votive di dee pagane legate al culto di Madre terra; nera come la donna descritta nel Cantico dei Cantici.
Come vuole l’originale marchigiano, l’immagine è ben visibile ai fedeli, pur rimanendo separata dal resto dell’aula da una grata in ferro battuto. In tempi recenti la mensa dell’altare è stata poi ulteriormente protetta da moderni allarmi, ma un indizio ci lascia pensare che molti prima di noi qui sono arrivati e a lei si sono avvicinati.
Nel paliotto dell’altare l’immagine piramidale di Maria campeggia al centro dei marmi colorati, ma un dettaglio subito incuriosisce.
Il volto non è nitido, sembra sfocato, quasi rovinato, in realtà solo consumato. Da cosa?
Migliaia di mani da qui sono passate, circondate dal silenzio e dal mistero hanno accarezzato (e segnato) quel volto, che ancora oggi non smette di attirare il nostro sguardo.