La chiesa di Santa Maria della Spina, gioiello gotico pisano, risalente al 1230 e commissionato dalla ricca famiglia Gualandi, si chiamava originariamente S.Maria di Pontenovo, perché si ergeva sulla sponda dell’Arno in corrispondenza di un ponte, poi crollato, che collegava la via intitolata alla Vergine a quella dedicata a S.Antonio.
Il nome attuale le fu dato nel 1333, quando vi fu portata una spina della corona di Cristo, ora custodita nella chiesa di Santa Chiara.
Inizialmente costituito da una loggia con tetto a capanna, l’oratorio fu ampliato nella seconda metà del XIV secolo, su progetto dell’architetto Lupo di Francesco, a cui succedettero Andrea e Nino Pisano.
Proprio la sua particolare ubicazione, in prossimità del fiume, determinò nel corso del tempo la necessità di vari interventi di consolidamento, dovuti anche al cedimento del terreno, fino ad arrivare allo smantellamento della struttura, avvenuto nel 1871. Il piccolo edificio fu spostato di alcuni metri verso est e rialzato di circa un metro, con l’inserimento di alcuni gradini. Nonostante le sostanziali modifiche che videro anche la distruzione della sagrestia, la struttura rimane per forma e proporzioni uno degli esempi più significativi dello stile gotico.
A pianta rettangolare, con rivestimento marmoreo a fasce bicrome, l’esterno di Santa Maria della Spina è caratterizzato da cuspidi, timpani e tabernacoli, accompagnati da raffinate decorazioni scultoree formate da tarsie, rosoni e statue. Si tratta di un complesso impianto ornamentale realizzato dalle botteghe di influenti maestri pisani trecenteschi, come Giovanni Pisano con il suo seguace Giovanni di Balduccio, che armonizza la cultura classica con lo spirito innovativo d’oltralpe, con esecuzioni di grande espressività, accanto ad Andrea Pisano, protagonista di un rinnovamento nelle arti plastiche, con opere segnate da equilibrio compositivo e ricerca realistica.
Il ricco apparato scultoreo, in parte formato da copie di figure, caratterizza tre lati del piccolo tempio, ma scompare sul fianco che corre lungo l’Arno, scandito da otto eleganti bifore.
Alla ricercatezza esteriore si contrappone il semplice e scarno ambiente interno, ad aula unica con soffitto a capriate, che ospita la Madonna della Rosa, capolavoro scultoreo di Andrea e Nino Pisano, eseguito tra il 1345 e il 1348; il manufatto mostra ancora tracce della doratura e della cromia che, in origine, la abbellivano. Collocata fino al XIX secolo entro un altare cinquecentesco, l’opera si trova, oggi, al centro del presbiterio rialzato. È invece stata trasferita al Museo di san Matteo, la Madonna del Latte, anch’essa frutto della collaborazione tra i due artisti, considerata una delle raffigurazioni marmoree più densamente pregne di umanità e tenerezza. Rimane, in controfacciata, l’altare in marmo del 1524 che la ospitava.
A ricordo della venerata reliquia della spina appartenuta alla corona della crocifissione di Cristo, abbiamo il tabernacolo murato nella parete sinistra che, lungamente, la custodì.